venerdì 12 dicembre 2014

Lontanissimo, qui.

Il mondo è questa specie di palla deforme che gli astronauti guardano dall'alto. Con i mari, i vulcani, la sabbia e il bianco, il blu e tutto il nero intorno. Un bel quadretto da appendere nei nostri tranquilli salotti mentre loro sballonzolano come palloncini tutti intabarrati nelle tute della Nasa. 
Ai nostri amici viaggiatori spaziali sembra davvero possibile poterlo dominare, il pianeta dei bipedi. O almeno tenerlo d'occhio e soprattutto starsene a distanza per lasciarlo sfogare. Accade spesso che anche noi umani (perché loro sono supereroi) pensiamo la stessa cosa. E allora partiamo alla conquista di terre lontane, con un piglio che ha tutta l'aria di essere lo stesso del conquistador. Cavalchiamo la nostra volontà, lottiamo contro i draghi, ci atteggiamo a moderni Quixote, facciamo finta che le minacce vengano da fuori. Fosse questa la soluzione al nostro mal d'inazione. Allora potremmo tutti salire su un razzo e farci sparare tra le costellazioni. Almeno da lassù saremmo davvero soli (senza sole), se proprio sconfiggere i draghi sputavento fosse la nostra missione per stare in pace con noi stessi. 
Un robot ci sveglierebbe. Verrebbe a dirci che l'ora è arrivata, anche se abbiamo detto a tutto il mondo che basta, siamo troppo grandi per fare i nomadi e abbiamo messo radici nella nostra casa, la nostra famiglia, ormai ci è cresciuta la barba e non è più possibile partire.
È in questo momento che sentiamo fischiettare questo cazzo di robot nella testa. Con la sua voce androide dichiara la fine della nostra permanenza qui, pronto ancora una volta a spararci lontanissimo.
Countdown e in un attimo arriva lo zero.


È così che decidi di prendere il primo Lowcost arrugginito e di fare un altro balzo per chissà quale angolo di mondo che devi andare a cercare.
Ma anche se il cielo inventa arcobaleni, non ho mai trovato pace tra le nuvole.Nessuno la troverà nel vasto spazio di cumuli e nembi che ci sovrasta, se non l'ha già in testa.
Eccoci pronti a partire di nuovo, comunque. Chissà come ragiona il nostro cervello che, magari fosse infante... è adolescente. Il nostro razzo è la carta, per fortuna. Oggi non si parte, si inventano mondi. C'è crisi. Si calpestano strade di cartapesta. Si contorcono ancora di più le deviazioni. Si sbaragliano pirati del mare, si ammutina l'universo con tutto il suo campionario di basi spaziali a pannelli stroboscopici. Oggi si lucidano scivoli e si fanno tuffi acrobatici nella stratosfera. È questa la nuova strada. La missione del caballero errante riprende ad anni luce di distanza. Dove ci porterà? In fin dei conti, dopo tutto questo errare interrotto da mesi o anni di vagabondaggio tra un divano, un tappeto Ikea e il tavolino delle caramelle, la meta non si è mai mossa. È ancora ben visibile oltre il vetro della finestra imbruttito dall'inverno. 
De nuevo espera primavera.
È dentro il mio zaino che Vi invito a mettere in spalla, Señores. Portatevelo in giro e soffiate arcobaleni con la vostra voce nel cielo nebuloso. Leggete. Anche se forse vi è passata la voglia. Sapete, gli acciacchi, la sciatica... ne sono consapevole! Il mal di schiena, la testa, soprattutto il cervello. Nessun viaggiatore ha tutti i pensieri in regola, nemmeno se indossa lo scafandro bianco della Michelin con la bandierina USA sul deltoide. Si getta nello spazio in cerca di una perdita di gravità. Arriverà. Capace, se non di riportarlo in equilibrio, almeno di alleggerire El Sonador del peso di tutti quei pensieri che gli si aggrovigliano in testa.
Nessuno è libero quando scappa. Ma per capirlo deve solo partire.

P.

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