sabato 5 marzo 2011

Paniagua y chupitos

Il chupito imperversava nei minuscoli bar del centro città, così come le dosi muscolose di rock e la mescolanza di facce giovanili. Sonador consumava una raccion di patatas accompagnando il pasto con una cerveza all'orlo del bicchiere, mentre Hermano Franz si dava alle croquetas, sempre in formato raccion piuttosto abbondante.
Erano entrati per caso al Queen's Corner, da pochissimi minuti. Sedevano al primo tavolo disponibile vicino alla porta, quando un ragazzo dall'aria accomodante si avvicinò al tavolo e disse una frase tirata con la cadenza del luogo, quasi impossibile da capire per i due che masticavano troppo poco il castigliano per poter recepire e rispondere in tempi normali.
Questo modo di reagire, tipico dell'italiano, indusse il ragazzone a chiamare al tavolo un suo amico alle prese con una zigarra fuori dalla porta. Fu in questa occasione che nacque l'incontro in grado di mettere la firma sulle lunghe notti di Salamanca.
Venne al tavolo un ragazzo sulla trentina, cappellino di lana calato in testa e una parlata rapidissima. Solo che era una parlata italiana, con una spiccata nota dura di sardo occidentale.
Francesco era di Oristano, ma già da quattro anni si trovava a Salamanca a seguire un master in gerontologia. La materia meno indicata da queste parti, questo pensò immediatamente Hermano Franz immaginandosi Francesco alle prese con un gruppo di anziani proprio nella città dove un terzo della popolazione è formato da studenti.
“Potete spostarvi sull'altro tavolo, quello più interno così non c'è corrente d'aria”. Questo stava a significare la lunga frase silurata dal ragazzo spagnolo, ma era un invito gentile detto da lui che era il gestore del bar. Francesco era dunque amico e traduttore di Carlos, gestore del Queen's Corner . Ma anche amico di David, Alex, Serjio, Pepe, Alberto e molti altri ragazzi non solo in quel bar ma in tutta Salamanca.
Gli occorse più o meno un minuto a familiarizzare con Sonador e con Hermano. Un minuto di risate accondiscendenti e di immediato servizio di cerveza direttamente al tavolino. Iniziò così quella sera che parve non terminare mai. Durò in pratica tre giorni consecutivi, durante i quali Francesco fu capace di introdurre in una decina di bar diversi prima Hermano e Sonador, poi soltanto il reduce Pablo nel momento in cui El Franz fu obbligato al rientro in Italia.
Sonador rimase infatti una sera in più, prima di proseguire nella cavalcata spagnola, e godette dell'introduzione al Carnevale. Al Paniagua, Riccardo lo riconobbe subito. Riccardo che era da otto anni a Salamanca e ancora non riusciva a capacitarsene. Riccardo che lo aveva promesso: “Domani sera spacchiamo tutto” annuendo alla propria frase con nerbo quasi immedesimandosi in un vero e orgoglioso uomo di Spagna. E infatti non tradì per nulla le aspettative. Non spaccò nulla fisicamente, ma fu protagonista della serata carnevalesca al Paniagua, in cui una mescolanza indefinita di volti multirazziali si integrava perfettamente alle maschere, pronte a caricaturizzarli.
Fu nel caos più completo e al raggiungimento della cerveza numero 5 in orario ancora umano che Sonador venne raggiunto da una voce italiana riconducibile al viso colorato di bianco e di nero, alla moda dei Kiss se vogliamo, portato con disinvoltura da una ragazza dall'aria soddisfatta e piacevolmente sorpresa. Si chiamava Diletta e la sua amica Pia le somigliava molto sembrando come l'amica piuttosto accondiscendente. “Ti ho aiutato l'altra sera quando non trovavi più la strada!”. Sì, è proprio lei, almeno mi fido, rifletté tre nanosecondi El Sonador. Intanto la bocca iniziava a macinare parole alla stregua di Francesco, già spostatosi a parte a lavorarsi l'amica K. dalla lontana Ukraina. Sonador proseguì a macchinetta accennando un convincente timbro castigliano, abbastanza carente invece la mescolanza di termini che non andò oltre i classici della presentazione. Le due peraltro innestarono un discorso in spagnolo e i tre finirono per prenderci gusto tanto che la conversazione ebbe un che di sperimentale misto a uno spritz di goliardia. Chupitos in fila, poi David richiamò Pablo per la sfida a futbolin, il calcetto spagnolo, molto più pesante, con il terreno in salita e gli omini dotati di gambe, non di un blocco alla base come gli italiani. La prima fu vinta, ma si dovettero arrendere poco dopo a un'improvvisata accoppiata franco-olandese, lui con l'aria da nerd, lei punkrocker. Poi ebbero inizio gli spostamenti tra un piano e l'altro Sonador restò invischiato in un circolo di bevitori, dove ritrovò Riccardo il maestro del chupito, poco prima della danza del Fragile durante la quale un ragazzo vestito da muratore imballava ragazze e ragazzi con scotch giallo e nero con la scritta Fragile. Sonador fu anch'esso imballato e rispedito nella folla a saltare ancora per un po'. Prima dell'ora degli abbracci, i ringraziamenti e l'invito a ritornare al locale, “tu casa”. Un abbraccio a Francesco, un bacio a K. Un saluto immaginario alle creature di Ferrara sparite allo stesso modo in cui erano comparse già la sera prima in un vicolo del centro. Ancora una danza strampalata con l'altissimo Alex, laureando di Wupperthal e amico di David l'iraniano. Anche lo spacciatore regalò un cenno di saluto, un ghigno dei suoi, con la bocca seminascosta dal bavero del cappotto nero. Fu l'unico quella sera a non aver ballato, almeno con le gambe.

1 commento:

  1. All'interno del Paniagua potrete trovare la scritta "Ciucat Gimon - Varese Italy". Riccardo idolo assoluto.
    Ah, 5 chupitos, 3 euro...
    Hasta la vista
    Hermano F.

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