domenica 6 marzo 2011

La notte che divenne leggera

Lo aveva previsto, El Sonador. Non aveva saputo rinunciarvi e le aveva riservato una fetta di zaino contro la logica del portarsi soltanto l'utile, certo che al momento giusto gli sarebbe servita.
Ora la parrucca, la nera striata parrucca infiammata di rosso, insomma la folta capigliatura sgargiante con le mesh rosse e nere, calzava a meraviglia sulla testa di Pablo, mentre le ciocche colorate danzavano a destra e a sinistra a tempo di samba. Si trovava a Madrid, lungo la strada che porta a Plaza d'Espana, all'ingresso di una taperia rivestita di ceramiche, quando la sua concentrazione verso il lungo elenco di tapas che lo invitava a entrare fu disturbata da suoni merengue provenienti dal viale. Tamburelli, canti e maracas accompagnavano l'avanzare di un curioso corteo mascherato. A guidarlo c'era un tale con un paio di occhiali neri a mosca e uno spumone di capelli stile discomusic sulla testa. Si chiamava Fabio e si portava in giro una latta di birra colma di monetine che agitava mantenendo un passo latino tutto scatti e frequenze al tempo di samba. Il gruppo al suo fianco era composto da altri musicisti, chi suonava tamburelli, chi maracas, chi un grosso tamburo, chi un rullante tipico delle bande. Il gruppo si portava dietro come una nuvola danzante e dai movimenti imprevedibili moltissime persone in maschera, voci e cori, tutti in perfetto portoghese.
Era una festa carioca ambulante. Sonador dimenticò le tapas e fu risucchiato dalla nube colorata. E in quella situazione,non sapeva bene cosa fare, ma si rese conto di una cosa fondamentale: piegata in multistrato, nella tasca destra della giacca, aveva la parrucca.
Fu un attimo soltanto e la chioma striata gli sovrastava il capo. Contagiata dai ritmi, si lasciava portare dal gruppo lungo il viale e da qui nelle varie piazze del centro. A Puerta del Sol alcune ragazze vestite da ballerine russe fiancheggiate dai due giovani Superman e Batman, si introdussero nel corteo e diedero atto a uno stravagante balletto nel cerchio. Lo stesso cerchio che si riempì in meno di un minuto e in cui tutti, ma proprio tutti, saltarono a tempo agitando le braccia come se si fosse davvero nei viali di Rio.
Ahi Ahi Caramba e canzoni popolari brazilere imperversavano e anche chi, come Sonador, non capiva una parola di portoghese, si lasciava andare a cori improvvisati e a una gestualità tale da renderlo comunque parte della fiesta.
Nel quartiere Callao, Fabio poggiò a terra la sua latta in posizione verticale e illustrò al pubblico femminile una danza che prevedeva ancheggiamenti verso il basso e finzioni di sdrusciamento sul cilindro, cosa che fu ampiamente gradita dal gruppo. Decine di ragazze mascherate si alternarono al centro del cerchio pronte a imitare gli ancheggiamenti dell'ottimo Fabio e a indurre i maschietti presenti a sgranare le orbite e improvvisare cori di alto gradimento.
A seguire, all'urlo “A u faru!”,la folla traversò la Gran Via lungo le strisce bloccando il traffico, ma nemmeno una guardia se la sentì di reagire, anzi approvò all'unanimità battendo il ritmo con gli scarponi. Sonador nel frattempo si era legato in vita la giacca e saltava come un folle intonando sciupepe sciupepe. Quando il corteo goliardico giunse davanti al bar, si scatenò la festa prima al di fuori e, appena dopo qualche jam session a cui lo stesso Sonador prese parte battendo a tempo una bacchetta di ferro su una specie di doppia campana prestatagli da un musicante, riempì l'interno del locale.
La cerveza non andava molto, ai brasiliani non piace l'amaro del luppolo, pensò El Sonador. Il brasiliano, e soprattutto la brasiliana, se deve scegliere va di mojito, di caipirina e predilige la cannuccia al collo della bottiglia.
Così, con la sala piena di teste colorate e di occhialoni da clown, la massa umana batteva ritmi carioca, ballava la salsa mentre allo schermo gigante passavano lunghi video del Carnevale di Rio.
Sonador faticava a conquistare l'attenzione causa difficoltà comunicative. Lui che aveva imparato appena qualche minima frase in spagnolo, si trovò in quel nuovo contesto portoghese completamente impreparato cosa che, in certa parte, lo preoccupava anche. Molte parole con la “u”, i suoni nasali e le continue cantilene popolari lo rendevano vulnerabile perché ogni parola che tentava di dire sarebbe stata sicuramente travisata per quanto riguardava il significato. C'era infatti il grosso rischio di sfoderare parole totalmente immaginarie.
Ma non si perdette d'animo e improvvisò una serie di domande in lingua spagnola a una ragazza con vestito minimal e coroncina in testa. Incredibile ma vero, la ragazza non era brasiliana bensì boliviana e parlava el castillano, cosa che a Sonador fece alzare braccia e occhi al cielo come per ringraziare qualche santo.
Si presentò come Ina, perché il suo vero nome Cristina non era a suo dire facile da pronunciare da parte dei suoi amici del Brazil. In ogni caso i due intavolarono qualche conversazione alternandola a balli caratterizzati da un controllo indecente degli arti. Anche lei in effetti non sapeva ballare. Ma lo spettacolo durò poco, anche se divenne se possibile ancora migliore. Sonador fu infatti accerchiato da altre coroncine, tali Beatrize, Suzana e dalla stessa Ina che lo presero a girotondo e lo fecero ruotare picchiettandolo con le mani sul capo e lungo i fianchi.
Mentre iniziava a perdere ogni la cognizione del tempo e dello spazio, altre dita lo cercarono sulla schiena e altre ancora gli infilarono...un bel paio di occhialoni rosa. Fine della prima danza. Colei che indossava un cappello da marinaia veneziana e che si sarebbe presentata poco dopo come Eleana, lo fece ruotare e gli stampò uno schiocco potente sulle labbra, tale da lasciarlo frastornato.
Non ci fu un seguito perché la marinaretta del Brazil si era già spostata verso la Banda Bassotti (un trio tutto italiano questa volta, capeggiato dal calabrese Vincenzo) a praticare lo stesso trattamento, evidentemente riservato ai figli della nostra cara terra del caco.
In ogni caso, la danza ricominciò e così Horazio, l'uomo dalle lunghe trecce rasta, riprese a macinare ghiaccio e a distribuire alti bicchieri di mojito agli astanti.
Ina tornò da Sonador sempre più scoordinata e gli lanciò con due dita una fetta di lime centrandolo su una lente dell'occhialone. L'intenzione era quella di fare centro nella bocca e, facciamolo solo intendere, di ricercare la stessa fetta là dentro nella cavità del Sonador frastornato. Cosa che non accadde, anche perché in un angolo piovvero un paio di bottiglie e il protagonista dei lanci, un tale brutto e nemmeno in maschera che aveva appena insidiato una ragazza evidentemente impegnata, poco dopo essersi mimetizzato tra la folla per scampare a un'aggressione facile, tornò alla carica proprio nel gruppo di Pablo e si portò via la coroncina più bella.
Il triste, ma se vogliamo non lo è affatto, epilogo di serata fu l'immagine dell'infermierina Luz, una spagnola tanto bella quanto scontrosa, in posa solo fotografica e, sottolineamo “solo”, per decine di obiettivi. Non si concesse ad alcuno e, tuttavia, si scollò ancora di più, se possibile, slacciandosi il corpetto e liquidando allo stesso tempo una serie di caballeros con secchi “no me moleste” o espressioni fuori luogo di tal genere.
Ma poco importava. A Sonador men che meno, dato che era in cerca solo di musica combinata a buone dosi di follia. E quella notte la primavera sembrava proprio arrivata, pensò. Era multicolore e lo stava portando lontano. La stessa notte che per un amico, da un'altra parte del mondo, divenne d'un tratto una nuova stagione, finalmente leggera.

(solo un ricordo, perché resti sempre con te, caro Gil)

2 commenti:

  1. ciao caro "collega", che ne diresti di scrivere con un carattere più grosso e magari più spesso?

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  2. hola companero, in effetti dovrei scrivere un po' più spesso, ma sai com'è...il chupito e le tapas hanno la precedenza!..e per la formattazione devo studiare i segreti di blospot...

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