venerdì 11 marzo 2011

Notte a Cadiz (seguito della ballata)

Hombre! Non compariva una donna in quella topaia da tempi ultraremoti e, a ben vedere, ve n'era ben donde. Odori di fermentazioni diverse non invitavano il gentil sesso a varcare la soglia, l'odore secco dello sherry che lucidava i legni interni delle botti abbandonate negli angoli. I baccalà appesi a una trave curva sopra il bancone la appesantivano in maniera tale da minacciare un improvviso crollo di quel soffitto fatto di venature e screpolature dovute a un'umidità che lo imbeveva da secoli. Hombre, con quale coraggio e cosa la avesse spinta a entrare non era chiaro da concepire. Eppure la donna non sembrava avere alcuna titubanza e si spinse senza far trasparire alcun timore fino al bancone, attraversando un nugolo di gambe, di sguardi e di bocche umidicce appartenenti al più fosco dei generi maschili, in particolare alla razza marinara.
La donna era minuta, portava un paio di occhiali da intellettuale e sembrava del tutto inadatta a frequentare posti come quello, ancor di più a prendere parte ai discorsi che là si potevano tessere con gli astanti. Invece, come se si sentisse a casa propria, salì in modo agile su uno degli alti sgabelli e ordinò del vino insieme a un piatto di sarde.
L'uomo alle prese con il racconto ebbe solo una minima titubanza in cui espresse con uno sgradevole rumore di naso e gola il suo disappunto per essere stato interrotto da quella comparsa. Poi riprese a narrare del palazzo e della donna che era attesa da anni perché il Sultano potesse avere un successore. Intanto fuori iniziavano a passare i carri, veicoli di campagna a motore sovrastati da folle mascherate e tremendamente a ritmo. I canti della festa che si svolgeva all'esterno entravano attraverso i vecchi serramenti del locale e gonfiavano l'aria di suoni, mentre la sua parte odorosa era già satura. Sonador cercava di seguire la narrazione, ma la sua attenzione era spesso attratta dalle movenze della donna che aveva già terminato il primo lungo calice e si spingeva verso il secondo maneggiando da sé la brocca di terracotta. Nel versarsi da bere lanciò uno sguardo scuro al ragazzo il cui calice era tristemente vuoto e lo invitò ad avvicinarsi a lei. Sonador non se lo fece chiedere una seconda volta e si spostò verso la parte di banco più laterale dove aveva preso posto la donna. Qui le tese la mano e disse: “Encantado”. I due iniziarono a bere Osborne e accompagnarono altri bocconi di pesce tenerissimo con del Moscatel. Nel frattempo l'uomo aveva interrotto le presentazioni emettendo un urlo di petto che annunciava l'attacco al palazzo da parte di un cavaliere che fu catturato dalle guardie moresche e buttato a marcire nei sotterranei. La donna fece intendere a Sonador di volersi allontanare da quel luogo, nonostante fuori stesse iniziando a gocciolare e nella parte di mare che dava verso l'Africa si schiantassero già i primi lampi. Sonador accettò di buon grado di uscire per prendere aria, anche se non gli dispiaceva stare ad ascoltare la narrazione del misterioso palazzo. Ma non fece in tempo a spiegarle il concetto che già la donna lo aveva afferrato per un braccio e, mostrando una foga insospettabile, lo aveva condotto per strada sfuggendo alle rimostranze dei marinai.
Il Carnevale intanto avanzava senza tregua e portava le maschere attraverso i vicoli con le trombe a fare da contorno musicale. Yemira era inarrestabile e di questo Sonador ebbe la conferma nel trascorrere della notte che i due vissero fino alle luci del giorno nuovo. Yemira volle seguire la folla che era un fiume in piena nonostante dal cielo la pioggia stesse iniziando a battere copiosa. Riusciva a inserirsi tra i corpi che riempivano ogni vicolo come se ne conoscesse le formule degli incastri. Erano giunti di nuovo nei pressi del Cartuja quando i due si persero per un attimo di vista. Rischiò di essere un attimo fatale perché proprio in quell'istante dalla bettola piovvero bottiglie e fuoriuscirono due loschi individui con le braccia incastrate l'uno all'altro con fare violento. I due marinai si rotolarono per terra giungendo proprio ai piedi di Sonador il quale sobbalzò all'indietro finendo dritto all'interno di un circolo in cui artisti di strada si stavano esibendo in un flamenco incalzante. La notte proseguì dunque con El Sonador invischiato in un teso battere di mani al ritmo delle chitarre e delle calde voci andaluse, i cavalli che trainavano carri nelle vie laterali e bottiglie di alcool giù a rotolare lungo le strade lastricate di pietra. Yemira ricomparve con una di quelle bottiglie che conteneva altro vino e ne offrì in abbondanza al ragazzo che accolse senza indugio. Non è dato sapere di quante ore fosse ancora fatta la notte, ma si poteva intendere che sarebbe proseguita un po' fuori da tutto, portata via soltanto alla fine dalla luce del giorno e dalle barche dirette a El Puerto.

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